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venerdì 23 marzo 2012

Turismo e ambiente: 3 B questo articolo è per voi

IL CASO

Rispetta l'ambiente e sei felice
vince il modello del Costarica

Il X Forum internazionale dell'Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato dall'associazione culturale, quest'anno avrà sede a San José dal 30 ottobre al 3 novembre. Raccontando la storia di una nazione-modello per le politiche ambientali di SARA FICOCELLI

SECONDO il World Database of Happiness, il Costa Rica è il Paese più felice del mondo. E' anche per questo che il X Forum internazionale dell'Informazione per la Salvaguardia della Natura, organizzato dall'associazione culturale Greenaccord, quest'anno avrà sede qui, perché una nazione che adotta politiche ecosostenibili ed è sensibile alle tematiche ambientali e alla loro divulgazione, è sicuramente anche un posto "felice" in cui vivere, e viceversa.

"E' il Governo del Costa Rica ad aver scelto noi - spiega il presidente di Greenaccord, Alfonso Cauteruccio - : siamo stati invitati a trasferire il nostro Forum lì perché ritenuto un evento internazionale perfetto per far conoscere al mondo il modo in cui questa nazione valorizza il proprio capitale naturale".

Il Forum si terrà a San José, la capitale, dal 30 ottobre al 3 novembre, e il programma verrà presentato a Roma questa mattina nella sede dell'IILA (Istituto Italo-Latino Americano) da quindici nomi illustri del mondo economico, sociale e politico mondiale e da un centinaio di giornalisti esperti di tematiche ambientali e sviluppo sostenibile, affiancati dal presidente dell'IILA e ambasciatore del Costa Rica in Italia, Federico Ortuño Victory, da Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, e da Cauteruccio e Andrea Masullo, presidente e responsabile del Comitato scientifico di Greenaccord.

Obiettivo delle quattro giornate, l'approfondimento delle misure politico-economiche volte ad
assicurare una corretta gestione delle risorse naturali nei vari Paesi del pianeta, facendo il punto sul dopo "Rio+20", che si terrà a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno. Consapevole del ruolo cruciale giocato dai Paesi di sud e centroamerica nella gestione delle politiche ambientali globali, il Forum internazionale riaprirà il dibattito partendo proprio da quell'area e da un Paese che, grazie all'uso virtuoso delle materie prime (fondamentali sono state, in questi anni, la scelta di non utilizzare i giacimenti di petrolio, di preservare le foreste, di salvaguardare la ricchissima biodiversità del territorio, di dotarsi di una legislazione ambientale giudicata e premiata da un organismo internazionale come la migliore al mondo) e agli importanti investimenti nel campo dell'istruzione, della cultura e dell'ambiente, rappresenta oggi un esempio da seguire per le nazioni del sud del mondo e per Paesi avanzati come l'Italia.

Il tema dell'incontro sarà il rapporto tra "capitale umano e capitale naturale", in vista della costruzione di "un'economia capace di futuro". "Ci auguriamo di essere all'altezza delle aspettative - continua Cauteruccio - e di dar modo ai giornalisti invitati di sperimentare come realmente un'intera nazione possa porsi l'obiettivo il diventare "green", valorizzando il proprio immenso capitale naturale, la propria biodiversità, la propria legislazione all'avanguardia. Con la finalità di diventare, nel giro di pochi anni, interamente "carbon free" ".

Fedele nel suo impegno ambientale, il Costa Rica sta infatti lavorando per diventare entro il 2012 il primo Paese a zero emissioni di carbonio, ovvero con un bilancio pari a zero tra quelle di anidride carbonica e altri gas contaminanti e il CO2 assorbito dalle piante. "Questo grande progetto - spiega il consigliere dell'Ambasciata del Costa Rica, Olger Adonai Arias Sanchez - coinvolge tutti i settori, pubblici e privati. Già diverse industrie agrarie costarricensi hanno ottenuto la certificazione internazionale per il processo di produzione "carbone neutro" ma attualmente si stanno diffondendo produzioni di energia pulita quali quella idrica, eolica, geotermica e a pannelli solari. In Costa Rica più del 95% dell'energia elettrica che si consuma viene prodotta da fonti rinnovabili". Il Paese è insomma un punto di riferimento ecologico a livello mondiale, ed è ad oggi il più verde del mondo. Una piccola, grande nazione senza esercito, al primo posto nell'Indice di Impegno Ambientale dell'America Latina e quinta a livello mondiale, che ospita più del 5% della biodiversità del pianeta. Il Costa Rica è il terzo Paese con l'aria più pulita del mondo e l'unico ad aver protetto la maggior parte del proprio territorio, dato che circa il 30% è rappresentato da parchi naturali e riserve statali e più del 5% da aree protette private.

Un appuntamento che è dunque un riconoscimento importante per il Paese centroamericano e un traguardo per Greenaccord, alla luce di un percorso decennale denso di soddisfazioni: "Quella più grande - continua il presidente - è stata quando il nostro Forum è stato definito "l'appuntamento internazionale migliore nel campo del giornalismo ambientale", riconoscimento che deriva dalla formula semplice che abbiamo adottato finora, basata sul mostrare ai giornalisti il mondo della scienza con gli interventi dei migliori esperti mondiali, scelti per ogni campo. La difficoltà maggiore è invece stata sempre la stessa: trovare le risorse necessarie per lavorare con qualità e professionalità".

E in Italia, com'è la situazione? "Da noi è ancora vivo il dibattito su antropocentrismo e biocentrismo - spiega Cauteruccio - e si tende a dividere il capitale umano da quello naturale. Io credo che sia il momento di orientarsi verso un antropocentrismo moderato o "di relazione", basato su un'umanità che sa vivere in armonia con le persone e l'ambiente che lo circonda. E' questa l'unica premessa culturale che permetterà di stabilire un rapporto maturo tra capitale umano e capitale naturale. Poi verranno tutte le altre considerazioni".

Per raggiungere questo punto di equilibrio, la "green economy" diventa dunque un volano imprescindibile, l'unico capace di rilanciare l'economia su basi nuove e di garantire un futuro sostenibile alle generazioni che verranno. "Ci sono già tante aziende nostrane che hanno scelto questa strada - conclude il presidente di Greenaccord - e che stanno diventando esempi da imitare anche all'estero. La crisi che stiamo attraversando è anzitutto "di civiltà". E la green economy ha tutte le caratteristiche, compresa l'eticità, per aiutarci a puntare ad un futuro diverso".
(22 marzo 2012)

giovedì 22 marzo 2012

lunedì 19 marzo 2012

giovedì 15 marzo 2012

Come avere gli sconti nei negozi e nei musei in tutta Europa


Ragazzi fatevi la CARTA GIOVANI EUROPEA, prima di andare in gita, può esservi davvero utile per avere gli sconti negli ingressi ai musei ma anche per fare degli acquisti.
Nella bacheca "Orientamento" (quella di fronte all'Aula di  Pratica d'Agenzia)
troverete l'elenco di tutti gli Uffici di Tesseramento in FVG [da lunedì 19]

La Provincia di Udine in collaborazione con la Fondazione CRUP e l’Associazione Carta Giovani, ha attivato un’iniziativa, a cui hanno aderito 80 comuni tra i quali la Città di Latisana e la Città di Lignano Sabbiadoro grazie anche alla collaborazione delle locali sedi dell’ASCOM, per la distribuzione gratuita di un certo numero di tessere Carta Giovani Europea sul territorio.
La Carta Giovani è personale e nominativa e viene fornita su richiesta a tutti i ragazzi che hanno un’età tra i 14 ed i 29 anni compiuti. È utilizzabile in 39 paesi europei in cui esiste una organizzazione Carta Giovani (EYCA - European Youth Card Association). La tessera da diritto a sconti ed agevolazioni in tutti i settori d’interesse giovanile e consente di partecipare alle iniziative italiane ed europee dell’EYCA. La tessera gratuita ha una validità di due anni. Per chi abitasse in un comune dove non c'è punto di tesseramento, consiglio le due modalità seguenti: - raggiungere l'INFORMAGIOVANI di UDINE, che le rilascia anche su pagamento di quota associativa (11 euro all'anno); - associarsi online tramite paypal secondo le indicazioni contenute sul sito www.cartagiovani.it.
A Latisana è distribuita presso l’Informagiovani ai soli residenti e in ordine cronologico delle richieste, fino ad esaurimento della disponibilità, nei giorni e negli orari seguenti: LUN. h. 17.00/18.30; MER. h. 10.00/13.00; VEN. h. 15.30/18.30.
A Lignano Sabbiadoro è distribuita presso l’Informagiovani/PuntoGiò ai soli residenti e in ordine cronologico delle richieste, fino ad esaurimento della disponibilità, nei giorni e negli orari seguenti: MAR. e GIO. h. 16.00/19.00, SAB. h. 09.00/12.00.
Per tutti è necessario esibire un documento d’identità e portare con sé una fototessera. I minorenni dovranno essere accompagnati da un genitore, anch’esso munito di documento. I maggiorenni che non possono presentarsi personalmente in sede, dovranno munire chi li rappresenta di apposita delega e fotocopia del documento d'identità, nonché della fototessera.

E’ inoltre possibile contattare gli Informagiovani negli orari sopra indicati ai seguenti recapiti:
LATISANA - tel. 0431/516617, e-mail: info@progettogiovani.org.
LIGNANO - tel. 0431/723196, e-mail: infogio@lignano.org.
Oppure visitare il portale www.cartagiovani.it  dove trovare tutte le informazioni relative agli sconti, alle agevolazioni, alle iniziative che l’Associazione offre.





OPEN DAY VENEZIA CA'FOSCARI 11

mercoledì 7 marzo 2012

Festa delle donne? Vecchia come il cucù infatti è una invenzione degli antichi romani












Festa delle donne alle calende di marzo   
Curioso scoprire che esisteva una festa delle donne anche nel calendario religioso di Roma antica. Proprio come oggi la festa si teneva a marzo, più esattamente nel primo giorno del mese che i Romani chiamavano Calende.
Stiamo parlando dei Matronalia, celebrazioni in onore della dea Giunone Lucina, cui prendevano parte tutte le donne sposate (matronae) venerando la loro divinità protettrice con l’offerta dei primi fiori primaverili.
Dal poeta Ovidio sappiamo che in occasione di questa festa le devote chiedevano alla dea di aiutarle nel difficile momento del parto, e a tal fine intrecciavano erbe in fiore con cui realizzavano corone da mettere intorno al capo, per poi pregare Giunone con queste parole: “O Lucina, tu ci hai dato la luce … Tu sei propizia al voto delle partorienti” (Ov. Fasti 3, 252-256). Dai Fasti apprendiamo inoltre che le spose latine, quando stavano per partorire, scioglievano i propri capelli facendo fluire libera la chioma, invocando Giunone affinchè assicurasse loro un parto senza dolore (Ov. Fast. 3, 257-258).
Il parto, considerato simbolicamente lo scioglimento di un nodo, era un momento molto temuto poiché metteva in pericolo la vita di una donna, e per questo motivo intorno all’evento della nascita di un figlio veniva invocata la dea protettrice con rituali simbolici volti ad assicurare un esito favorevole sia per la madre che per il neonato. In tal senso va letta anche l’antica tradizione che vietava alle donne di entrare nel tempio di Giunone Lucina con qualcosa di annodato addosso.
Ma la festa delle matrone del primo marzo nell’antica Roma prevedeva un’altra insolita usanza che consisteva nel temporaneo rovesciamento dei ruoli sociali: in quel giorno unico e speciale, infatti, le matrone dovevano servire a tavola la servitù, trasgredendo la regola consuetudinaria che valeva per tutto il resto dell’anno.
Questo rituale che potremmo definire di rottura dell’ordine sociale, aveva luogo nel giorno dei Matronalia e somigliava per certi aspetti a quello che si teneva a dicembre, in occasione di un’altra importante festa del calendario di Roma antica: i Saturnalia.
Pare che il ribaltamento dei ruoli avesse a che fare con l’inizio del nuovo anno: le calende di marzo segnavano infatti il capodanno romano. Nulla di trasgressivo e di rivoluzionario, anzi pare che il rituale avesse la funzione di rendere ancora più evidente il ristabilimento dei rispettivi ruoli sociali. E’ come se lo scambio delle parti per un giorno fosse servito a sottolineare e a ribadire che per tutto il resto dell’anno gli schiavi avrebbero dovuto agire da schiavi e i padroni da padroni.
Potrebbe inoltre stupire che proprio nel primo giorno di marzo – mese che non a caso Romolo chiamò Martius dedicandolo a suo padre Marte – anziché celebrare il dio della guerra e dell’agricoltura Roma celebrasse Giunone Lucina. Ci si potrebbe chiedere, infatti, perché nel calendario festivo di Roma antica protagonista del capodanno non era Marte, rappresentante della virilità e della forza procreativa maschile, bensì sua madre Giunone, protettrice della famiglia e delle nascite?
Sappiamo per certo che almeno dal 375 a.C. – anno in cui Plinio ci dice che fu dedicato a Giunone Lucina un tempio sull’Esquilino – il primo giorno di marzo era consacrato alla dea madre e non a Marte.
Che le matrone di Roma fossero divenute più consapevoli della propria forza generatrice e più coscienti del proprio ruolo all’interno del matrimonio? Difficile dare una risposta.
Nemmeno Ovidio, che nel suo poema provò a chiedere direttamente a Marte il perchè di una festa delle donne nel mese a lui dedicato, riuscì a chiarire del tutto il dubbio: “Dimmi perchè ti festeggiano le matrone, mentre tu sei connesso alle attività virili?” chiede il poeta a Marte nel terzo libro dei Fasti (Ov. Fast. 3, 169).
Forse in ricordo dell’atto di pace tra romani e sabini, reso possibile dalla mediazione di quelle mitiche donne sabine che in seguito al ratto erano ormai divenute spose dei Romani. Questo sembra suggerire Marte in tutta risposta. O forse perchè a marzo “agli alberi tornano le foglie distaccate dal freddo e le gemme si gonfiano di linfa sul tenero tralcio … con ragione le madri latine per cui è voto e milizia il parto, onorano questa stagione feconda” (3, 236-244)
Di fronte all’imbarazzante domanda di Ovidio, il dio Marte sembra quasi voler chiudere bruscamente la questione, rispondendo così: “Ciò che chiedi appare evidente ai tuoi occhi. Mia madre ama le spose, la folla delle madri celebra la mia festa” (3, 250-251).
Antonella Bazzoli - 1 marzo 2010
Da leggere:
Ovidio, I Fasti, ed.BUR 2006
Dario Sabbatucci, La religione di Roma antica, ed. SEAM 1988

Commenti

Bene, molti dicono che non si può fare un commento. Ma forse basta cliccare sulla parola "commenti" e poi è tutto automatico, a me è riuscito, fatemi sapere se ci sono problemi, l'hacker che è in me troverà una soluzione

Io ci provo ... vediamo chi dice sì

Che ne direste di avere già un posticino assicurato all'università prima della matura?
Sono a disposizione (basta chiedere) i test di Matematica effettuati dall'Università di Udine per
l'ingresso. So che morite dalla voglia di fare qualche esercizio a Pasqua.



http://corrieredelveneto.corriere.it/padova/notizie/universita/2012/2-marzo-2012/economia-test-d-ingresso-ad-aprile-anticipare-luiss-bocconi-2003516449120.shtml

martedì 6 marzo 2012

Il Principe di Homburg


Gli ultimi 3 post sono il frutto della mente vulcanica di Patrizia (IV B) che, dopo avere intasato la mia mail, ha chiesto (ed ottenuto ) che io pubblicassi le sue proposte sul nostro blog! Et voilà


 



9 marzo 2012, ore 21
Cormòns (GO), Teatro Comunale

Il principe di Homburg
di Heinrich von Kleist
traduzione e regia di Cesare Lievi
drammaturgia Peter Iden

Teatro Nuovo Giovanni da Udine
CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

    Mettere in scena oggi Il principe di Homburg di Kleist non è solo ricordare il duecentesimo anno della sua morte - anniversario che tra l'altro sarà celebrato con l'uscita del volume della sua opera completa nei "Meridiani" Mondadori - ma significa fare il punto della tenuta culturale e umana della poesia di uno tra i più sconvolgenti e contradditori poeti drammatici del passato.
Al di là del prussianesimo di cui è imbevuto, c'è nel suo teatro qualcosa che parla con urgenza allo spettatore d'oggi? E se c'è, in che cosa consiste, e come si articola?
    La nuova messa in scena di Cesare Lievi vuole rispondere a queste domande e per farlo si concentra non tanto sul dramma di chi si trova dilaniato tra sentimento e legge, libertà e obbedienza, inconscio e norma, ma sulla proposta kleistiana (tutta moderna) di una possibile soluzione: da ogni conflitto si esce grazie a un sogno. Non importa se è destinato a cedere e crollare sotto il principio di realtà. Questa non è assoluta: in essa si può annidare un altro sogno in grado di metterla in discussione, e così via all'infinito.
    Senza sogno, senza la sua forza, non c'è vita.
    In uno spazio neoclassico, sospeso e irreale, dieci attori sempre in scena daranno vita, con la fluidità, la precisione e la vaghezza tipica dei sogni, a una vicenda fortemente drammatica e incalzante, in cui l'immaginazione (e l'inconscio che la determina) si presenta come forza fondamentale per decidere la vita, il suo senso e il suo destino.


"A simple life"

“A SIMPLE LIFE”

DALL’ 8 MARZO NELLE SALE ITALIANE





Udine - Con il logo della friulana Tucker Film (“Departures”, “Poetry”), giovedì 8 marzo – Giorno della Donna – esce nella sale italiane il film “A Simple Life”. Diretto dalla regina della Nouvelle Vague di Hong Kong, Ann Hui, e premiato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 68. con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile - consegnata all’attrice Deanie Ip -, il film nella sua edizione italiana porta la firma di Elettra Caporello, nome illustre dei dialoghisti italiani, da vent’anni adattatrice di tutti i film di Woody Allen.

In contemporanea con l’uscita di Hong Kong, “A Simple Life” tra l’8 e il 9 marzo raggiungerà gli schermi di 20 città italiane lungo tutta la penisola.


A Milano “A Simple Life”, da venerdì 9 marzo, “entrerà in cartellone” al Cinema Apollo e a Roma all’Alcazar e al Fiamma.

Giovedì 8 marzo, all’Alcazar di Roma alle ore 21.00, il film sarà introdotto da Marco Müller.


In Friuli Venezia Giulia il film sarà al Visionario di Udine giovedì 8 alle ore 21.00 all’interno dell’evento speciale Calendidonna 2012; a Pordenone a Cinemazero e a Trieste al Cinema Giotto.



Tratto da una storia vera e in equilibrio tra melodramma e commedia, “A Simple Life” racconta la tenera amicizia tra la domestica Tao e il suo giovane padroncino, il produttore cinematografico Roger Lee. Tao è al servizio della famiglia del produttore da 60 anni e di lui si prende cura come se fosse un figlio. Ma le semplici cose della vita invertiranno presto i loro ruoli e il racconto della loro relazione, della loro ricchezza di affetti, si trasformerà quindi in un apologo sull’amore filiale, che non teme le differenze sociali, il decadimento del corpo e il trascorrere delle stagioni.


Ann Hui ha diretto più di 20 lungometraggi e ha vinto numerosi premi, tra cui nel 1996 l’Orso d’Argento a Berlino con “Summer Snow”. Nel 2009, il Far East Film Festival di Udine ha omaggiato il cinema di Ann Hui con una retrospettiva che comprendeva anche i suoi lavori televisivi. Inoltre è la prima regista donna ad ottenere l’Oscar Asiatico (Premio alla Carriera) che le sarà consegnato durante una serata di Gala agli Asian Film Awards a Hong Kong il prossimo 21 marzo.


La Tucker Film nasce dall’unione d’intenti tra il Centro Espressioni Cinematografiche di Udine (organizzatore del Far East Film Festival) e Cinemazero di Pordenone.



Pollice verde




ATTESO COME LA PRIMAVERA, POLLICE VERDE RITORNA IN FIERA A GORIZIA DAL 23 AL 25 MARZO…

… e nel successivo week-end, un nutrito gruppo di espositori di Pollice Verde sarà presente in Corso Verdi nel quadro  della “ Festa di Primavera”  organizzata dal Comune.

Sono già un centinaio gli espositori che hanno aderito all’8 edizione di POLLICE VERDE, la Mostra-Mercato dedicata al giardino, all’orto, al verde urbano, all’ecologia, a quello che concerne il piacere di vivere l’aria aperta e che quest’anno, dal 23 al 25 marzo, tornerà nella sua “sede naturale”, ossia nel quartiere fieristico a Gorizia. Un ritorno atteso e gradito dopo la “performance cittadina” dello scorso anno in centro città, nel mentre proseguivano i lavori di ristrutturazione nel quartiere di via della Barca.

Considerato, però,  il successo “open air” dell’anno scorso, la manifestazione, grazie ad un accordo tra Fiera e Comune,  proseguirà e troverà anche quest’anno un suo “format cittadino” nella “Festa di Primavera” che si svolgerà in centro città nel weekend successivo, il 31 marzo e 1° aprile.

Maggiori dettagli su POLLICE VERDE 2012 e sulla Festa di Primavera a Gorizia saranno illustrati nel corso della conferenza stampa congiunta che Fiera, Comune e Camera di Gorizia organizzeranno nel capoluogo isontino nei prossimi giorni.

L’attesa per POLLICE VERDE è alta e sentita, come è sentito l’arrivo della stagione primaverile, foriera di cose nuove e belle, di voglia di cambiare e di rinnovare non solo gli abiti, l’alimentazione, le abitudini quotidiane stando più volentieri all’aria aperta, ma anche ciò che ci circonda:  il riferimento più immediato e tangibile è la propria casa e quindi il giardino, l’orto e il terrazzo.



A queste “estensioni” del nostro modo di essere e di vivere dedichiamo in questa stagione un’attenzione del tutto particolare trovando giovamento e soddisfazione per l’impegno che mettiamo nel lavorare la terra, nel seminare, nel curare le piante e nel vederle crescere.

Stando alle statistiche che misurano la passione e la dedizione ai fiori e agli ortaggi, 2 italiani su 3 hanno il “pollice verde” e, contrariamente a quanto si possa pensare, gli uomini dedicano un po’ più di tempo delle donne a queste mansioni. Sta di fatto che POLLICE VERDE richiama ogni anno un pubblico vastissimo ed eterogeneo, proveniente non solo dall’isontino e dalle altre province del F.V.G., ma anche dalla Slovenia. Un pubblico motivato all’acquisto, abituato a trovare una vasta scelta di prodotti e facilitato alla visita in Fiera anche dalla formula, ormai tradizionale, dell’ingresso gratuito.

Il profilo merceologico di POLLICE VERDE comprende, oltre a fiori, piante e ortaggi, anche prodotti e idee per la loro coltivazione, attrezzature e macchinari per il giardinaggio, arredo per esterno, vasi e cesti, coltivazione e alimentazione biologica e biodinamica, soluzioni per il verde urbano, parchi, giardini e terrazzi, editoria di settore e, in “Verde Pollicino” le attività e le proposte di eco-didattica e di educazione ambientale rivolte ai bambini e alle loro famiglie.

L’edizione 2012 di POLLICE VERDE, patrocinata dal Comune di Gorizia, realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio di Gorizia e sponsorizzata dalla Federazione Banche di Credito Cooperativo del F.V.G. e da Confcooperative F.V.G., sarà visitabile con INGRESSO LIBERO ed orario continuato dalle 10.00 alle 20.00.

lunedì 5 marzo 2012

Quarta B Compito in classe

Le seguenti slide non saranno oggetto del compito:
dalla 17 alla 25
la 45 e la 46
la 54
e dalla 57 alla 63

I peggiori turisti del mondo? Non sono gli italiani

LO STUDIO INDIVIDUA ANCHE ALTRI TREND SULLE ABITUDINI DI VIAGGIO

I peggiori turisti del mondo? Gli americani

Gli statunitensi si considerano i turisti più problematici. Lo svela un sondaggio promosso dal sito LivingSocial

LO STUDIO INDIVIDUA ANCHE ALTRI TREND SULLE ABITUDINI DI VIAGGIO
I peggiori turisti del mondo? Gli americani
Gli statunitensi si considerano i turisti più problematici. Lo svela un sondaggio promosso dal sito LivingSocial

(Fotogramma)(Fotogramma)
MILANO - Il popolo più disastroso nei viaggi? Gli americani, senza concorrenti: lo pensano persino gli americani.
UN AMERICANO A ROMA – Secondo una recente ricerca, infatti l’americano in vacanza assomiglia vagamente a una caricatura di sé stesso. Eterno berrettino e sorriso perennemente stampato in faccia, molti di loro spesso sono sprovvisti di passaporto, non sanno staccare la spina (nel vero senso della parola, perché sono sempre connessi) e hanno una sorta di calamita verso qualsiasi tipo di guaio: perdono puntualmente il bagaglio e la coincidenza, non hanno i documenti in regola, rimangono senza contanti, collezionano fregature e, last but not least, non trovano il bagno in tempo. Questo è il ritratto che emerge da un sondaggio promosso da uno dei maggiori player mondiali nel settore dei coupon online (o social buying), LivingSocial (simile a Groupon), che ha commissionato alla società di ricerche del settore Mandala Research l’analisi sui comportamenti e la percezione dei viaggiatori di una parte del mondo, individuando alcuni stereotipi interessanti.
L’INDAGINE - Il sondaggio ha coinvolto 5.600 volontari, quattromila dei quali americani, e altre 1600 persone distribuite tra Australia, Canada, Irlanda, Gran Bretagna. Agli intervistati è stato chiesto di rispondere ad alcune domande riguardanti la condotta dei turisti appartenenti a 16 nazioni differenti e ne è emerso un ritratto fedele e umoristico di quello che i viaggiatori pensano dei viaggiatori. La prima certezza è che gli americani vengono percepiti come i turisti più catastrofici da sé stessi, dai canadesi e dagli australiani. Gli irlandesi invece considerano peggiori gli inglesi nell’arte del viaggiare e questi ultimi attribuiscono la palma dei worst tourists ai tedeschi. Il dato più vistoso riguarda comunque l’opinione che la popolazione americana ha di sé stessa, decisamente negativa in termini di saper viaggiare. Il viaggiatore statunitense viene anche molto criticato per l’insufficiente adattabilità (ancor più grave considerato il vantaggio linguistico). Seguono nella classifica dei peggiori i turisti cinesi, francesi, giapponesi (molto penalizzati dall’ossessione per le foto) e russi. Gli italiani sono al dodicesimo posto e vengono spesso derisi per la loro attenzione eccessiva al brand e al look: «Non è difficile vedere una donna italiana arrampicarsi per i pendii che portano al Machu Picchu in tacchi vertiginosi e borsetta di Gucci».
ALTRE INFORMAZIONI – Ma il sondaggio fotografa altre caratteristiche del turista medio: per esempio quattro americani su dieci hanno rubato qualcosa in hotel, nascondendo nella valigia furtivamente un po’ di tutto. Dalle ciabatte agli asciugamani (molto ricorrenti), dalla Bibbia all’ombrello per finire persino con l’ingombrante cuscino. Altro elemento di riflessione è l’esterofilia americana, del tutto inaspettata: pare infatti che non sia per nulla vero che gli americani viaggiano solo a casa propria. Il 78% dei turisti a stelle e strisce ha visitato almeno una città straniera e il 61% di loro ha optato per varie destinazioni straniere nei propri viaggi. Va detto ancora che sono sempre gli americani quelli più avari nei giorni di vacanza, con una media di 16 giorni a viaggio contro i 27 degli australiani. Le mete più ambite del turismo sono infine considerate la grande barriera corallina in Australia, la Tour Eiffel, le piramidi egiziane e il Colosseo. Vale per tutti infine il trend della staycation (spendere le ferie a casa propria, in totale relax), che nel 2011 ha riguardato il 65% degli intervistati. Insomma, anche il turista più sveglio e scafato ogni tanto desidera semplicemente una vacanza a casa propria. Magari per vederla con occhi più curiosi.

Emanuela Di Pasqua5 marzo 2012 | 10:55© RIPRODUZIONE RISERVATA
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sabato 3 marzo 2012

Vacanza rovinata, ai danni ci pensa il Codice del Turismo

 

 

Il naufragio della "Costa Allegra", ultimo caso di incidente in mare di una grande nave da crociera - per fortuna con molti disagi per i passeggeri ed equipaggio ma nessuna lesione grave - diventerà probabilmente un caso da manuale (di diritto), di quelli che vengono tirati in ballo negli esami di giurisprudenza. Vediamo perché.

Novità recente
La fattispecie che descrive al meglio le vicende degli ospiti della nave è il cosiddetto «danno da vacanza rovinata». Una novità recente per il nostro ordinamento, che si aggiunge ai "classici" danni morali o extrapatrimoniali o esistenziali - introdotta dal nuovo Codice del Turismo (Dlgs 79/2011) emanato dal Governo lo scorso anno.

L'impulso della giurisprudenza europea
All'articolo 47, il Codice disciplina espressamente il risarcimento del «danno da vacanza rovinata», evento ricorrente soprattutto nella giurisprudenza dei Giudici di pace, ma priva a lungo di un preciso riferimento normativo. A monte, una sentenza della Corte di giustizia Ue del marzo 2002 secondo cui il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio «tutto compreso». Alla sentenza europea sono quindi seguiti anni di sentenze nazionali con cui più volte i nostri giudici sono tornati sull'argomento, fino all'inquadramento nel Codice, con l'obiettivo di delimitare chiaramente le fattispecie nelle quali è ammessa la risarcibilità del danno da vacanza rovinata. Come spiega la relazione illustrativa, si trattava di eliminare «l'incertezza del diritto che allo stato regna sovrana nella giurisprudenza dei Giudici di pace, con grave nocumento per gli operatori turistici (piccole agenzie di viaggio e tour operator, nonché piccoli albergatori)».

Codice del Turismo: cosa dice l'articolo 47
L'articolo 47 prevede che il turista, nel caso in cui l'inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza (nei termini regolati dall'articolo 1455 del Codice civile) possa «chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto,un risarcimento del danno subito correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all'irripetibilità dell'occasione perduta».

Tutela solo per i "pacchetti turistici"
Per potersi avvalere della tutela risarcitoria garantita dall'articolo 47 è necessario che la vacanza rovinata per «inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni» previste sia quella connessa all'acquisto di un "pacchetto turistico", le cui caratteristiche sono fissate dall'articolo 34 dello stesso Codice. In particolare, il "pacchetto" deve avere a oggetto «i viaggi, le vacanze, i circuiti tutto compreso, le crociere turistiche» risultanti dalla combinazione di almeno due dei seguenti elementi venduti ad un prezzo forfettario: trasporto; alloggio; servizi turistici non accessori a trasporto e alloggio. Questi ultimi debbono costituire, «per la soddisfazione delle esigenze ricreative del turista, parte significativa del pacchetto turistico».

giovedì 1 marzo 2012

"Il mio sogno di aprire un ostello nell’Italia inospitale”

 

Leggete questa lettera al Corriere della Sera

leggetevi anche il commento ...

Sono un giovane ragazzo che attualmente vive e lavora a Bruxelles ma che custodisce ormai da anni un sogno, ovvero quello di tornare in Italia e poter aprire un ostello per viaggiatori low cost a Milano, una di quelle strutture che fioriscono ovunque nel mondo e che danno la possibilità a giovani coraggiosi, socievoli e abili con le lingue di potersi creare un’attività imprenditoriale redditizia.
Ho sempre viaggiato molto per passione ed un giorno rimasi piacevolmente colpito quando un trentenne australiano a Spalato mi raccontò di come con la liquidazione e un pò di risparmi, fosse venuto in Croazia ad aprire un ostello e di come a distanza di anni, grazie al boom di turisti, fosse riuscito ad aprire anche un’altra struttura dando quindi vita ad una piccola catena di ostelli.
All’epoca, vista anche l’ingenuità data dalla giovane età, sognavo di poter tornare un giorno in Italia e provare ad emulare quel ragazzo australiano, purtroppo però quando pochi mesi fa, decisi effettivamente di informarmi in tal proposito, ecco che il sogno si scontrò violentemente con la triste realtà che avvolge il mondo dell’imprenditoria e dell’innovazione in Italia, nella fattispecie quella di Milano. Dal sito della Camera di Commercio di Milano ecco cosa serve per aprire un ostello nel nostro Paese:
Come si può ben notare, il concetto di ostello risulta ad appannaggio di enti o associazioni no profit e non può assolutamente, come negli altri paesi, essere considerata un’attività d’impresa volta al profitto slegata da finalità socio educative.
Come prova consiglio di cercare un ostello a Milano su siti come hostelbookers.com o hostelworld.com, rimarrete piacevolmente sorpresi nel notare come tutti i risultati indicizzati saranno degli hotel di bassa categoria (1/2 stelle) estremamenti lontani dall’idea di ostello.
Le ragioni di un’anomalia tutta italiana come questa sono facilmente intuibili: da un lato gli albergatori hanno sempre fatto pressioni affinchè non ci fosse una diretta concorrenza nel settore che spingesse i prezzi verso il basso, nonostante sia evidente come ciò genererebbe un aumento nei volumi del turismo di cui tutto il tessuto economico cittadino beneficierebbe.
Dall’altro lato invece l’offerta di posti letto a prezzi popolari è risultata essere una gallina dalle uova d’oro (per giunta esentassa ICI) per tutte quelle strutture, colonie, etc gestite dalle diocesi e dalle associazioni semi-caritatevoli che purtroppo a causa di un background culturale anacronistico e dei già menzionati limiti legislativi non sono mai riusciti ad essere in grado di uniformarsi alle esigenze di una nuova clientela internazionale .
Due esempi su tutti? L’obbligo di rientrare entro la mezzanotte pena notte all’addiaccio e il divieto di consumare alcolici nei bar della struttura, risulta difficile immaginare, per chiunque abbia alloggiato in ostelli europei, che un giovane backpacker australiano intento a girare l’Europa o un gruppo di americani alla ricerca di baldoria e divertimento siano in grado di comprendere ed accettare tali limitazioni.
Molto più semplicemente l’anno successivo questi turisti prediligeranno paesi con un’offerta più accattivante come la vicina Croazia, la Grecia o meglio ancora la Spagna, un paese che grazie ad un intelligente equilibrio tra prezzi e servizi nel 2011 ha fatto segnare un 7,8% in più di pernottamenti rispetto l’anno precedente, mentre l’Italia, pur mantenendo un valore assoluto piuttosto alto, è stato l’unico paese a mostrare una flessione del 1,2% rispetto al 2010 (fonte Eurostat).
Mi auguro con tutto il cuore che l’apparente sensibilità del nuovo governo e delle istituzioni verso liberalizzazioni, giovani e crescita economica tenga in considerazione anche il settore turistico alberghiero che incidendo per il 12% sul PIL nazionale risulta essere strategico per il nostro paese, soprattutto in previsione dell’aumento di turisti cinesi, indiani, brasiliani che secondo le Nazioni Unite inizieranno a viaggiare nel mondo nei prossimi 6/7 anni.


I VOSTRI COMMENTI
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  • 01.03 | 17:47 Lettore_2213983
    Caro Alessandro, a quanto pare sarai anche un gran viaggiatore, ma al contempo anche molto poco informato.
    Infatti a Milano, che io sappia, ce ne sono almeno 4 di ostelli, tra i quali l’Ostello Bello e lo Zebra Hostel.
    Peraltro, diversamente da quanto affermi, non sono affatto attività no profit, non c’è alcun coprifuoco a mezzanotte ed è altresì possibile consumare alcolici.
    Anch’io sono un gran viaggiatore e in quanto tale molto critico nei confronti dell’Italia. Ma se c’è una cosa che non tollero sono le persone che fanno critiche sterili come la tua, esprimendosi per frasi fatte e che sentenziano senza aver alcuna cognizione di causa.
  • HostelWorld: Ostello Bello Milano 2° Miglior Nuovo Ostello 2011 Mondo
    01.03 | 17:44 panfab

Rebranding del marchio Costa?

VB: leggete questi articoli del Sole 24ore sulle problematiche di marketing legate al brand e alla sua immagine. Spero lunedì di sentire qualche commento in classe 

NEW YORK. Un marchio nella bufera. La Costa Allegra viene rimorchiata in porto, dopo l'avaria ai motori che l'ha lasciata per lunghe ore in balia delle onde nell'oceano indiano in un'area infestata dai pirati.

 

E se la Carnival, casa madre della Costa, è sopravvissuta in passato a incidenti alle sale macchine - la sua Splendor rimase paralizzata da un incendio nel 2010 - il susseguirsi di drammi in mare potrebbe oggi creare sfide sempre più gravi: a poco più di un mese dall'affondamento di un'altra nave della Costa, la tragedia della Concordia, l'incidente alla Allegra mette in dubbio la credibilita di un marchio italiano storico, che conta per il 7,2% dell'intero mercato globale delle crociere e per il 15% del business della Carnival. Di gran lunga, cioè, la principale controllata del gruppo con responsabilità sulle attività europee.
«Si rincorrono voci su quale sarà la decisione di Carnival sul futuro di Costa - dice Harry Curtis, di Nomura Securities -. Non credo che all'ordine del giorno ci sia l'eliminazione completa o una cessione del marchio. È un brand grande e noto, nonostante ora sia un esempio di cattiva fama. Potrebbero piuttosto considerare un rebranding, un cambiamento dell'immagine e del nome. Ma il dilemma è che in questo comparto occorrono molti anni per costruire la credibilità di un marchio. Carnival dovrà dunque effettuare un difficile calcolo: valutare i costi nel breve periodo di un rebranding rispetto a eventuali vantaggi, nel lungo periodo, di drastiche risrutturazione».
A far precipitare la crisi potrebbe essere un moltiplicarsi di incidenti e polemiche sulla sicurezza e la qualità delle crociere, oppure sull'efficacia delle risposte e del 'crisis management'. Il mercato osserverà con attenzione, e a lungo, le mosse del gruppo, dove il titolo è ai minimi da quasi due anni: Carnival aveva già stimato, una volta tenuto conto delle coperture assicurative, fino a 175 milioni di dollari di profitti persi all'indomani del disastro della Concordia. E la pubblicità negativa, per Carnival, va oltre Costa: la scorsa settimana 22 passeggeri di una sua crociera - sulla già menzionata Splendor, la nave rimasta bloccata e senza energia elettrica due anni or sono a 200 miglia da San Diego con 4mila persone a bordo - sono stati derubati in Messico durante un'escursione organizzata.
La posta in gioco, davanti a quanto accaduto, è ormai alta per l'intero settore, compresa la grande rivale Royal Caribbean. In dubbio sono le prospettiva di crescita: dopo aver trasportato quasi 19 milioni di passeggeri nel 2011, l'attesa era di forse 20 milioni quest'anno e di oltre 22 milioni entro il 2015, con un tasso medio di crescita annuale dal 1990 pari al 7,4 per cento. L'ottimismo sulle prospettive - con strategie di diversificazine delle destinazioni e dei servizi a bordo e a terra per attirare nuovi passeggeri (nonostante la popolarità crescente, solo un quinto degli amerciani ha fatto una corciera) - ha portato all'entrata in servizio di sette nuove navi per il 2012, con altre otto in arrivo tra il 2013 e il 2014.
Un incremento che dovrebbe tradursi in ulteriori entrate per forse 4 miliardi di dollari in un settore che ha ormai un giro d'affari superiore ai 30 miliardi l'anno. Cancellazioni di prenotazioni sono però scattate anzitutto all'indomani del naufragio della Concordia, tra il 15% e il 20%, in un periodo considerato cruciale, quello dei primi mesi dell'anno battezzato 'wave season', la stagione dell'onda, che concentra fino alla metà delle prenotazioni annuali. «La domanda per il momento sta ancora tenendo relativamente bene rispetto alle attese, almeno in Nordamerica - precisa Curtis - ma è presto per trarre conclusioni: esistono pressioni per un calo dei prezzi e incognite su quale sarà, alla fine, l'andamento dell'estate e dell'anno».
Carnival - con sede a Miami e Londra, un fatturato da 14,5 miliardi e profitti di quasi due miliardi l'anno, entrambi dati in crescita - ha sicuramente un'influenza sproporzionata sulle crociere, leader indiscusso dei mari: ha assemblato una gigantesca flotta, oltre un centinaio di navi, grazie a una decina di grandi marchi frutto di aggressive acquisizioni condotte dalla sua nascita, negli anni Settanta, ad opera dell'armatore statunitense Ted Arison. Suo figlio Micky, con una fortuna personale pari a sei miliardi di dollari, è adesso presidente e amministratore delegato. Costa fu rilevata nel Duemila. L'operazione più ambiziosa: l'acquisto dell'antica firma britannica P&O Princess nel 2002. Carnival, negli anni, ha anche rivoluzionato il modello di business del comparto: ha scommesso su crociere di minor durata e prezzi bassi, caratterizzate da atmosfera stile Las Vegas. Un disegno, la crociera scintillante e low cost, che potrebbe essere messo particolarmente in discussione dal sussesguirsi di incidenti.
In risposta alla tragedia della Concordia, costata la vita ad almeno 25 persone, Carnival e le sue rivali hanno annunciato l'avvento di migliori contolli delle navi e addestramento degli equipaggi. Ma ad oggi l'efficacia della risposta rimane da dimostrare. Arison e i vertici di Carnival sono stati criticati per scarsa trasparenza e troppa lentezza.  

 

Alcuni esempi di problematiche legate al brand

 

Il nome della Costa. Gli incidenti che in poche settimane hanno azzoppato lo storico marchio italiano, trascinato ancor più a fondo dalla durezza dei commenti in rete, moltiplicano le voci sulle probabili mosse di Carnival: cedere il marchio? Eliminarlo? Secondo alcuni analisti, no, non sarebbe il caso: si getterebbe così a mare il patrimonio di credibilità costruito negli anni. Il rebranding, allora. Trasformare il marchio, che non significa solo (o per forza) rinnovare il logo o il nome, cambiarsi d'abito. Ma un lavoro complesso, che faccia ripensare il brand, affronti discorso identitario, percezione della clientela, qualità dei prodotti, aspetto del servizio, sensazioni, e tanto altro. La goccia deve scavare la pietra della diffidenza, in primis sul web: ieri era già partito su Twitter il #Rename Costa, con suggerimenti del tipo: "Costa Maledetta", "Costa Troppo Vicina" o Cost Away".
Il caso McDonald'sGli incidenti sono un valido motivo per scegliere il rebranding, ma possono esserlo anche gli insuccessi o le imparabili critiche esterne. Gli esempi sono vari. McDonald's non ha cambiato nome ma, scrive BusinessInsider, può dirsi uno dei migliori esempi di rebranding. Nel corso degli anni, infatti, la sua immagine era stata intaccata dai giudizi di nutrizionisti e genitori preoccupati della salute dei figli. Il documentario Super Size Me aveva poi assestato un colpo spettacolare. McDonald's ha prima rinnovato la propria offerta ristorativa, con insalate e altre opzioni salutiste in aggiunta ai classici menu.

 

Gli slogan "I'm lovin it" e "what we're made of" hanno avuto successo, accompagnati dal rinnovamento dei locali, dove ci sono divanetti e wifi, e si può gustare un caffè con calma, come da Starbucks. Una trasformazione da fast-food a casual restaurant.
Il caso negativo: Blackwater si fa un'immagine cattiva in Iraq, diventa Xe Services ma continuano a essere chiamati ex Blackwater Il rebranding completo, con cambio di nome, è stato per esempio scelto – ma con scarsi risultati - dalla società di contractor Blackwater. I suoi dipendenti furono accusati di operare fuori dalle regole, con tecniche troppo aggressive, testimoniate dall'uccisione di 17 civili iracheni nel settembre 2007. Blackwater, finita anche sotto inchiesta del Congresso, ha poi continuato a lavorare con il nome di Xe Services. Per cercare di cancellare l'immagine negativa, da spietati mercenari. Dopo una lunga ricerca, il nome Xe è stato scelto perché – ha dichiarato un portavoce della società – non ha alcuna connotazione. Il passaggio è stato annunciato nel febbraio 2009, ma non ha aiutato a far dimenticare il vecchio nome. E si è continuato a riferirsi alla compagnia come alla ex-Blackwater. Tanto da spingere nel dicembre 2011 il nuovo presidente e chief executive Ted Wright a un ulteriore battesimo: Academi («con riferimento all'accademia di Platone; per essere più boring»).
Il caso Northern Rock: meglio Virgin Money
D'altra parte cambiare nome non significa solo cambiare marchio. Il rebranding deve agire in profondità, a livello di cultura di business. Così ha spiegato di recente Richard Branson, impegnato nel lancio di Virgin Money, la nuova banca del gruppo, nata con l'acquisto di Northern Rock. La banca inglese, presa d'assalto dai correntisti nel 2007 (soltanto il 14 settembre furono prelevati 1,17 miliardi di euro) sull'onda della crisi finanziaria, era stata nazionalizzata nel 2008 per poterla in seguito rimettere sul mercato in condizioni economiche migliori. Branson, che l'ha acquistata di recente, non era certo di voler cambiare il nome storico di Northern Rock, per timore di deludere alcuni clienti. Ma il brand Virgin ha prevalso, come attrattore: forte dell'esperienza e del successo di tutte le altre imprese del gruppo.
Non c'è una regola fissa: con il Chupa chups andò bene
A volte, basta solo cambiare nome, perché il prodotto funzioni. La caramella infilata sul bastoncino di legno (in seguito, plastica), ideata alla fine degli anni '50 dal catalano Eric Bernat e distribuita con il nome "Gol", non vendeva. C'è voluta l'idea di un'agenzia pubblicitaria, con lo spot "me gusta chupa chups", per partorire nel 1961 il nuovo nome. Chupa Chups: un successo. Con un logo a forma di margherita disegnato da Salvador Dalì.
Altre volte, invece, non c'è bisogno di ribattezzare il marchio, per migliorarlo, ma è sufficiente un piccolo maquillage del nome. Kentucky Fried Chicken, brand venduto dal colonnello Harland Sanders nel 1964 insieme alla sua ricetta segreta, da un po' di tempo si è ridotto al semplice acronimo KFC. Perché? Ha ripulito il nome dal "fritto".